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Omosessualità nella Venezia rinascentista

Omosessualità nella Venezia.

omosessualitàLa parola omosessualità e stata creata fondendo il termine greco omoios, che vuol dire “simile”, e il termine latino sexus, che vuol dire “sesso”,e si riferisce ad “una disposizione all’esperienza sessuale, affettiva o di romantica attrazione verso le persone dello stesso sesso”.

 

Per l’uomo la penetrazione rettale è il modo più efficace per stimolare la radice del suo membro e la prostata, zona altamente erogena. Qualcuno raggiunge l’orgasmo solo così, mentre altri lo raggiungono affiancando contemporaneamente la masturbazione. L’omosessualità si riscontra in molte specie animali.La diffusione dell’omosessualità nella specie umana è difficile da determinare accuratamente, benché in molte antiche culture le relazioni omosessuali fossero altamente diffuse.

La storia dell’omosessualità

è anche una storia degli atteggiamenti sociali possibili verso un comportamento percepito come “deviante”.L’atteggiamento sociale verso i comportamenti omosessuali ha conosciuto momenti di relativa tolleranza, durante i quali la società ammetteva un certo grado di discussione ed esibizione pubblica del tema, anche attraverso l’arte e le produzioni culturali (come è avvenuto per esempio nell’Atene classica, nella Toscana del Rinascimento, o a Berlino e a Parigi nell’anteguerra) alternandoli però a momenti di repressione durissima.
Con la nascita del movimento gay,si può finalmente guardare a questo mondo come a una “comunità'” strutturata secondo valori e rituali propri.

Ma come era vista in passato la omosessualità .

In antichità ,il maschio era educato per essere padrone e dominatore nel rapporto erotico e di coppia, e tale esigeva di essere anche nel rapporto omosessuale.  Nella Roma antica, sodomizzare uno schiavo era legale,ed era il segno di potenza del  padrone.

 

omosessualità

omosessualità

Quando si parla di omosessualità in quest’epoca si parla infatti, quasi  automaticamente, di un rapporto fra un adulto e un ragazzo d’eta’ compresa tra i quattordici e diciott’anni (si ricordi che la pubertà all’epoca arrivava più tardi).
Uno dei motivi,che era accettato tacitamente anche da parte dei genitori ,era ” di essere iniziato alla sessualità, seppure in un modo sentito come “surrogato” e non certo soddisfacente”.Il secondo motivo ,anche questo abbastanza importante era il denaro (molto importante in una società povera come quella ).I soldi che un ragazzo potesse aggiungere al bilancio familiare prostituendosi non erano malvisti da tutte le famiglie e non tutti i genitori avevano voglia di chiedersi da dove venissero.Infine il terzo motivo era quello di attirare l’attenzione di un adulto (altro aspetto importante quando la condizione di giovane non era invidiata e “centrale” come nella cultura attuale).
Era buon uso tra i nobili di accettare di prendere in casa un “figlio” per garzone, e in cambio avrebbe potuto portarselo a letto senza problemi.Nascono cosi i cosi detti “boccia da cullo”.

eresia

eresia

Non doveva essere facile per i sodomiti vivere sereni e senza sensi di colpa. In un mondo dominato dalla chiesa il peccato era punito non solo dai uomini ma anche da Dio.
La Serenissima Repubblica emette leggi,che puniscono aspramente gli comportamenti “contro natura”umana cioè la omosessualità. Gli omosessuali venivano impiccati nelle due colonne della piazzetta di S. Marco e poi bruciati fin che fossero ridotti in cenere.Un colpo davvero grosso misero in scena nel 1407 i magistrati della repubblica di Venezia: trentacinque sodomiti (non si sa,per la mancanza di documenti, se ad uno ad uno o tutti assieme) furono scoperti e processati. L’avvenimento, al di la delle gravi complicazioni politiche che causo’ (quattordici imputati erano nobili) diventa per noi un grande interesse,perché costituisce una delle prime tracce di una rete di frequentazioni fra sodomiti nelle città italiane del medio evo.

san martino

san martino

Gli arresti in massa continuano a costellare per secoli le carte processuali veneziane. Ne troviamo ad esempio un altro già nel 1422: diciannove le persone coinvolte, fra cui tre barbieri e parecchi minorenni ,poi nel 1464 vengono incriminate quattordici persone (fra cui cinque nobili), molte delle quali pero fuggono prima della cattura.Nel 1474 abbiamo ancora sei sodomiti (due dei quali nobili) coimputati. La vicenda assume le tinte di un thriller quando l’accusatore viene misteriosamente assassinato.Ma di questa presenza strutturata ci parlano anche le leggi stesse di Venezia .Una di esse, nel 1450, menziona i portici vicini a Rialto e quello della chiesa di S. Martino come luoghi d’incontro di sodomiti. Inoltre i supervisori dell’Arsenale (presso cui si trova la chiesa di S. Martino, ) decidono che “a spese del nostro Tesoro sia fatto chiudere con grosse assi il predetto portico di san Martino, facendo fare quattro porte ai quattro lati delle colonne, che stiano aperte e chiuse secondo gli orari delle porte della chiesa” . Cinque anni dopo questo decreto, nel 1455, viene deciso di pattugliare certe zone di Venezia, per impedire ai sodomiti di usarle come luoghi di incontro.

Nel 1488 un editto impone di chiudere con assi di legno anche il portico della chiesa di Santa Maria Mater Domini per i motivi per cui si era già chiuso quello di S. Martino”. Un’ulteriore lista di luoghi da sorvegliare viene stilata in un decreto del 1496, che elenca “magazzini, bastie, scuole, tutti i portici, le case degli scaleteri, taverne, postriboli,
case delle prostitute; coloro che (le pattuglie) avranno trovato nei luoghi sospetti  li dovranno arrestare”.
Alcuni decreti del Consiglio dei X promulgati nel medesimo secolo, annunciano che, per estirpare «abhominabile vitium sodomiae», si erano eletti due nobili per contrada.Ogni venerdì si doveva raccogliere il collegio dei deputati ad inquisire sopra i sodomiti. I medici e i barbieri, chiamati a curare qualche uomo o anche qualche femmina, avevano tre giorni per denunciare all’amministrazione le loro”confidenze amorose”.Gli membri delle pattuglie saranno tenuti a interrogare e investigare se qualcuno gestisca luoghi pubblici o case che vengono chiamati “bastie” (taverne), nelle quali solitamente vengono commessi molti atti illeciti e disonesti,oppure se esistano frequentazioni di eta’ non conveniente, vale a dire adulti che conversano insieme a ragazzi.
SAM_8224Un nuovo decreto, questa volta per sottoporre a sorveglianza anche gli scaleteri (pasticceri), “poiché siamo stati avvertiti del fatto che nella casa di molti scaleteri di questa nostra città molti giovani, ed altri di diverse eta e condizioni, si ritrovano di giorno e di notte, e qui giocano e tengono taverna, e commettono molti atti disonesti e più famosi, processi , molti casi contro omosessuali o per violenza “contro natura” sono quelli contro un tale Francesco Cercato che fu impiccato per sodomia tra le colonne della Piazzetta San Marco nel 1480, e tale Francesco Fabrizio, prete e poeta,che fu decapitato e bruciato nel 1545 per il “vizio inenarrabile” La controriforma,cioè la risposta alla riforma di Martin Lutero (stabilita dal concilio di Trento 1570) aveva come scopo quello di “improntare una morale più severa e di spirito cristiano”.Il problema principale di Venezia ,un paese di crocevia di gente che andava e veniva per tutto il Mediterraneo, la sodomia (la pratica più diffusa in Venezia) fu condannata nel concilio di Trento.In seguito ala questa riforma il Senato deliberò che nei certi posti della città fosse concesso alle Meretrici di mettere in mostra le proprie virtù per “attirare un pubblico di uomini sempre più numeroso e mantenere così ben saldi gli usi di una cultura eterosessuale”.La zona delle Carampane” ,vicino a Rialto, era una delle aree di Venezia nella quale le prostitute di Venezia erano obbligate a concentrarsi fin dal XV secolo per disposizione delle leggi sull’ordine pubblico.  http://dipoco.altervista.org/cortigiane-venezia/

Nel 1509 a Venezia vi erano 11.654 cortigiane censite (su una popolazione di 150.000 abitanti…),

Nonostante questo,l’  omosessualità continua a persistere, e soprattutto si presenta nei confronti dei giovani, potendo comportare difficoltà di socializzazione e gravi conseguenze per l’individuo, tra le quali il suicidio.

 

Altri articoli: http://dipoco.altervista.org/altri-articoli/

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Venezia, cucina e ristorazione

Venezia, cucina

header2Il Veneto ha molto da offrire ai suoi visitatori per quanto riguarda la cucina. La cucina veneta, basata principalmente su riso e polenta, passa in genere per una cucina sana e leggera. La polenta è il contorno più popolare per quasi ogni tipo di pietanza.

 

Piatti tipici del veneto:
big_64_sarde_in_saorSardee in saor (sardine in salsa con cipolle caramellate.);

schie con agio,ogio e poentina (schie con aglio prezzemolo e polenta)

;cape sante ,peosi e perarasse (piccole vongole);

cape onghe (cannolichi); moeche;canoce (canocchie);folpeti; vovi de sepa (uova e seppie) ;

gambereti e gamberoni;

broeto de pesce (brodo) ;

sopa de cape;  bigoi de sepe;   bigoi coe cape; ;bisato in tecia (anguilla in umido); sepe in tecia; bacaà con sugo e mantecato (in bianco); lasagne e ravioi al forno coi asparasi,papardeè alla lepre (pappardelle),

risoto de cape;  risoto de sepe; risi e bisi,risoti e tajadee ai funghi misti,

fritto de mar; granso (granchio);  gransevoa  (granseola); astice , grigliata mista de mar,

costate di puledro,sfilaci di cavallo con poenta,

La ristorazione locale tipica del pesce e della selvaggina si e affermata in Italia e al estero .

Conicio al forno(coniglio), cinghiale in umido con poenta,costesine d’agnello ai ferri, stinco di maial arrosto al forno, german reale rosto,anara,oca selvateca, faggian aea cacciatora, bresaola con rucola e grana, antipasti e contorni misti di verdura e di erbe.
Sarde in saor. Questo piatto e la modalità classica veneta utilizzata per nobilitare il pesce al minuto ;trattandolo in agrodolce,con la salsa tipica regionale.Oltre che raggiungere un risultato gastronomico di qualità ,si otteneva una preparazione che si conservava per una decina di giorni ,se mantenuta in ambiente fresco.A venezia va molto di moda il saor con gli scampi.

images (1)Le schie sono dei gamberetti che si trovano in laguna dal colore grigio che una volta cotte assumono un colore grigio rosato. Come molti piatti che un tempo erano “poveri”,appartenenti ai pescatori, ora sono invece una pietanza ricercata e costosa. Sono ottime come antipasto.

 

Le moeche sono i granchi spogliati della corazza , molto teneri e quasi molli. E’ da questa loro consistenza tenera e molle che i veneziani hanno affibbiato ai granchi senza corazza il nome di moeche.

 

I bigoi, sono dei grossi spaghetti (di 2-3 millimetri di diametro e lunghi 20-25) preparati con farina bianca, burro, latte e uova. Un tempo le famiglie più modeste non usavano uova e burro, mentre oggi vengono aggiunti per rendere l’impasto più morbido. I “bigoi neri” sono ottenuti utilizzando farina integrale o aggiungendo all’impasto del nero di seppia. Oltre che in salsa i bigoi si possono gustare con qualsiasi altro sugo tradizionale.Una variazione molto apprezzata e la versione della salsa al burro cotto con la mantecatura di burro crudo,nella fase di condimento finale che garantisce una straordinaria cremosità.

Risi e bisi e uno dei piatti più conosciuti della cucina Veneta.Questo antico piatto (preparato con piselli dalla prima raccolta ;quelli più teneri e dolci),della Serenissima Republica di Venezia,veniva tradizionalmente offerto ogni anno al Doge ,il 25 aprile nella ricorenza del patrono San Marco

 

Il baccalà mantecato si prepara con lo stoccafisso, cioè un merluzzo artico di origine norvegese che viene conservato tramite essiccazione con aria fredda; il nome stoccafisso deriva infatti dal norvegese stokkfisk, pesce bastone.
Tra i dolci si possono citare le fritole, i baicoli, i xaeti( i zaeti,biscoti sechi), la pinsa, i galani,la fugassa (focaccia-veneta), e gli “spuncioti de caramel”

tavola venezianaI galani-il vero simbolo del Carnevale veneziano ! Sono i dolci della
tradizione culinaria veneziana.
Il massimo godimento culinario viene garantito dai vini del Veneto. Il Bardolino, il Valpolicella ed il Prosecco piacciono non soltanto agli italiani, ma sono famosi e bevuti volentieri in tutta l´Europa.

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venezia nell anno mille

 

 

Venezia nel anno mille

 

dogiPoco prima del anno mille,Venezia lottava con i pirati narentani fedeli ai Croati.

933 Sottomissione dell’Istria, trasformata gradualmente in territorio interno della repubblica e rimarrà fedele fino alla caduta.

948 Spedizione navale contro la Dalmazia capitanata da Pietro III Candiano, ma non si arriverà mai ad una completa sottomissione. Soprattutto il possesso della costa era di fondamentale importanza per Venezia, anche per debellare il fenomeno della pirateria.
996 Furiosa repressione di pirati slavi. Lissa viene messa a ferro e fuoco.

Nel ano mille (anno in qui secondo delle sinistre profezie doveva essere la fine del mondo ),nel giorno dell’Ascensione Venezia usciva nel mare con una flota comandata dal doge Pietro Orseolo II .Il doge dopo aver ottenuto il benestare di Bisanzio,e aveva ricevuto il  “gonfalone di san marco” raffigurazione del leone alato; andò a persuadere all’obbedienza le isole di Curzola e Lesina ;le antiche città Romane: Parenzo, Pola, Arbe, Veglia o Zana ,Trau ,Spalato.Una volta sottomessi i pirati narentani ( di origine slava il nome deriva dal fiume Narenta) e conquistata la città di Ragusa; la spedizione si trasforma in una crociata trionfale.(Per ricordare questa spedizione fu inoltre stabilito che ogni anno, il giorno dell’Ascensione, il Doge con il Vescovo e tutti i consiglieri si recassero sopra un vascello d’onore davanti al porto del Lido a celebrare un rito commemorativo; sarebbe nata così la ben nota cerimonia dello Sposalizio del Mare, o festa della Sensa.)

Pietro Orseolo IIAnno mille-16 novembre: l’imperatore Enrico II conferma i privilegi veneziani e riconosce al doge il titolo di duca dei Venetici e dei Dalmati( Dux Dalmatiae) e per la prima volta era affermato il “dominio del golfo “.Se l’imperatore dell occidente diviene padrigno di alcuni figli di duca di Venezia;per bisanzio ed il papato conquisto Bari e Taranto ,cadute in mani saracene.
Un anno dopo trafugamento delle spoglie di San marco (828) da Costantinopoli inizia la costruzione della basilica che porta il suo nome.La facciata della basilica di San Marco guardava una piazza diversa dall’attuale .La basilica viene distrutta assieme alle case che si erigevano intorno ,dal incendio applicato dai nemici del doge Candiano .Fu ricostruita dal doge Orseolo I ,prima di lasciare Venezia e diventare monaco nei Pirenei,dove visse a lungo, dedito ad esercizi di penitenza.
Il palazzo fortificato del doge si erigeva su un vecchio edificio Romano,molte chiese (la più antica :san Moise) e tantissime case erano già costruite dai tempi remoti .L’attuale piazza San Marco era più stretta e attraversata dal rio Batario;con la chiesa San Geminiano,”che fu spostata più in la per poter ampliare la piazza nel anno 1500 (san Sovino) poi demolita da Napoleone per far posto allo scalone e alla sala da ballo di Eugenio Beaumaris ,un altro rio scorreva tra la chiesa e il Palazzo Ducale .L’attuale piazzetta era quasi tutta occupata da una darsena .
L’isola di san Giorgio Maggiore aveva già eretta un abbazia benedettina .Il torrione ed il campanile faceva parte del sistema difensivo creato dal doge Pietro Tribuno dopo il colpo tentato dai ungheresi nel anno 899 :una lunga muraglia che si stendeva dal castello di olivolo fino ad un altra torre tra san Mose e santa Maria Zogenigod alla quale partiva
la grossa catena che sbarrava il canale grande e faceva capo ad un altra torre presso san Gregorio.
-Doge Pietro CandianoSulle rive di canale grande (che cambiava il nome di tratto in tratto :Santa Chiara,San Marco,rio Zirada,rio Beculo,Canale di rialto)c’erano allineate già le chiese tra le case costruite di legno,ma anche veri e propri palazzi (foscari)
Nei presi di san Gregorio c’era un grande lago di proprietà del dignitario imperiale bizantino Domenico Morosini,e la peschiera “dei Badoer”

Il veneziano del mille va dappertutto per acqua e soltanto per acqua ,non ce edificio che si affaccia su un rio ,e ci sono “cinquanta mila piccole barche ,o gondole”. La coltivazione dei orti sono presenti nelle isole del estuario (Lido),le vigne a “Vignole” i cavali a “Cavalino”
la loro vocazione definendosi anche dal nome. Il sale -prezioso monopolio veneziano -difeso con le armi viene prodotto al ridosso della città (a San Giorgio vicino a Giudecca) chiamata allora “Spinale”, ( si riusci l’abolizione di dazi sull’importazione del sale) ,con il canale “Vignano”che la separava dal resto della città. L’arsenale non e ancora nato (viene costruito nel 1004) e le fabbriche di remi e di galea ,gli cantieri “squeri da nave “sono un po ovunque nei vari campielli.
Il mercato (di Rialto) si trova sull’altra sponda del canale a San Bartolomio .Nella isola attuale c’erano la piscina poncianica e le “becarie”il macello,dove furono gettate le spoglie del povero Pietro Candiano IV e dei suoi famigliari (figlio incluso).La donazione dei figli di Stefano Orio aprirà la via del nuovo mercato che noi conosciamo oggi alla fine del secolo.
Come organizzazione sociale ci sono già le “case vecchie” antenati dei Patrizi chiamati “i proces”,e una folla di artigiani liberi (anche schiavi liberi),già costituiti in “fraglie” cioè associazioni di categoria .I navigatori ed i mercanti danno origine alle cosiddette “case nuove” del patrizio futura classe dirigente.

A partire dall’anno 1100, Venezia era diventata una grande potenza mediterranea e offriva i propri servizi come flotta navale allo stesso Impero Bizantino.Grazie al suo splendore e alla sua prosperità economica, Venezia diventò obiettivo militare ambito da diversi paesi, tra questi la Francia, la Spagna e la Turchia .Infine Venezia si separò dal decadente impero bizantino nel 1203 durante la IV Crociata quando i soldati veneziani presero d’assalto e conquistarono Costantinopoli. Da oriente i soldati veneziani portarono con
sé le ricchezze provenienti dai saccheggi che possono essere ammirate nella chiesa di San Marco; tra queste ricchezze marmi preziosi,sculture, etc.

 

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VENEZIA La Festa della Salute

 

 

 

La Festa della Salute

VENEZIA CHIESA MADONNA DELLA SALUTE

Nel 1630, più di mezzo secolo dopo la terribile pestilenza del 1575-77 (la peste bubbonica), il morbo si abbatte nuovamente su Venezia minacciando di distruggere la città lagunare. Il contagio si estese a Venezia in seguito all’arrivo di alcuni ambasciatori di Mantova,città già particolarmente colpita dall’epidemia (che colpì tutto il nord Italia tra il 1630 e il 1631).

In un breve volgere di tempo, nonostante i bandi sempre più severi dei Savi alla Sanità, la popolazione è letteralmente decimata.(80.000 morti su 150.000 residenti)
La malattia non risparmia l’aristocrazia né il clero: periscono anche il Doge e gran parte della sua famiglia.Famoso resta quel bando che ordinava, a chiunque si sentisse i sintomi del male di bere almeno mezzo litro di liquidi già allora qualcuno avesse intuito la dinamica degli anticorpi.

Ancora una volta governo e popolo di Venezia si volgono alla religione.Si organizza una processione cui partecipa la circa 10.000 dei sopravvissuti, anime che girano incessantemente attorno a Piazza San Marco per tre giorni e tre notti con fiaccole e statue votive.Il Doge (Nicolò Contarini) e il Patriarca di Venezia (Giovanni Tiepolo) ,fanno voto solenne di erigere una chiesa intitolata alla Salute, chiedendo l’intercessione della Vergine Maria per porre fine alla pestilenza e se qualora la città scampi alla totale rovina si edificherà un tempio di ringraziamento alla Madonna di proporzione e bellezza mai viste sino ad allora.Poche settimane dopo la processione,l’epidemia subì prima un brusco rallentamento per poi lentamente regredire fino a estinguersi definitivamente nel novembre 1631.
Si sceglie infine il posto più opportuno per l’edificazione, la Punta della Dogana da

Mar,oggetto di recenti demolizioni.
La progettazione fu affidata al giovane architetto Baldassarre Longhena addetto al nuovo stile Barocco. Il suo progetto ottagonale «in forma di corona» rispondeva alle esigenze di grandiosità richieste dalla Serenissima: un capolavoro d’arte ed una frequentatissima meta di pellegrinaggi,una chiesa che doveva esaltare la Vergine e al tempo stesso la Repubblica.

La basilica fu consacrata il giorno 21 novembre 1687, che da allora per i Veneti diviene il giorno della Madonna della Salute.

Ogni anno la comunità ecclesiale e civile di Venezia rinnova il suo “voto” di riconoscenza e gratitudine.Si tratta di un pellegrinaggio di ringraziamento nella medesima Chiesa a perpetua memoria della Vergine Maria e dei innocenti morti  .Durante tutta la giornata, nella basilica, tenuta aperta senza interruzione, vengono celebrate in continuazione messe e rosari,con un afflusso continuo di fedeli.

MADONNA DELLA SALUTE (2)Particolarmente venerata, nella basilica della Salute, è l’icona bizantina della Madonna detta Mesopanditissa (Mediatrice di pace) .
Il ponte votivo unisce le due rive del Canal Grande e avvicina il santuario al centro della città per facilitare il pellegrinaggio.
In quel giorno il traffico dei pellegrini è tanto intenso, sin dalle prime ore del mattino, da obbligare l’uso di sensi unici pedonali
a partire dal ponte dell’Accademia.
La castradina, pietanza molto saporita a base di carne di montone, è il piatto tipico che si usa consumare a Venezia il giorno della Salute.

Tratto dalla pubblicazione di mons. Antonio Niero.

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VENEZIA La Festa della Salute

 

 

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Nel 1630, più di mezzo secolo dopo la terribile pestilenza del 1575-77 (la peste bubbonica), il morbo si abbatte nuovamente su Venezia minacciando di distruggere la città lagunare. Il contagio si estese a Venezia in seguito all’arrivo di alcuni ambasciatori di Mantova,città già particolarmente colpita dall’epidemia (che colpì tutto il nord Italia tra il 1630 e il 1631).

In un breve volgere di tempo, nonostante i bandi sempre più severi dei Savi alla Sanità, la popolazione è letteralmente decimata.(80.000 morti su 150.000 residenti)
La malattia non risparmia l’aristocrazia né il clero: periscono anche il Doge e gran parte della sua famiglia.Famoso resta quel bando che ordinava, a chiunque si sentisse i sintomi del male di berne almeno mezzo litro di liquidi già allora qualcuno avesse intuito la dinamica degli anticorpi.Ancora una volta governo e popolo di Venezia si volgono alla religione.Si organizza una processione cui partecipa la circa 10.000 dei sopravvissuti,
anime che girano incessantemente attorno a Piazza San Marco per tre giorni e tre notti con fiaccole e statue votive.Il Doge (Nicolò Contarini) e il Patriarca di Venezia (Giovanni Tiepolo) ,fanno voto solenne di erigere una chiesa intitolata alla Salute, chiedendo
l’intercessione della Vergine Maria per porre fine alla pestilenza e se qualora la città scampi alla totale rovina si edificherà un tempio di ringraziamento alla Madonna di proporzione e bellezza mai viste sino ad allora.Poche settimane dopo la processione,
l’epidemia subì prima un brusco rallentamento per poi lentamente regredire fino a estinguersi definitivamente nel novembre 1631.
Si sceglie infine il posto più opportuno per l’edificazione, la Punta della Dogana da Mar,oggetto di recenti demolizioni.
La progettazione fu affidata al giovane architetto Baldassarre Longhena addetto al nuovo stile Barocco. Il suo progetto ottagonale «in forma di corona» rispondeva alle esigenze di grandiosità richieste dalla Serenissima: un capolavoro d’arte ed una frequentatissima meta di pellegrinaggi,una chiesa che doveva esaltare la Vergine e al tempo stesso la Repubblica.

La basilica fu consacrata il giorno 21 novembre 1687, che da allora per i Veneti diviene il giorno della Madonna della Salute.

Ogni anno la comunità ecclesiale e civile di Venezia rinnova il suo “voto” di riconoscenza e gratitudine.Si tratta di un pellegrinaggio di ringraziamento nella medesima Chiesa a perpetua memoria della pubblica gratitudine  .
Durante tutta la giornata, nella basilica, tenuta aperta senza interruzione, vengono celebrate in continuazione messe e rosari,
con un afflusso continuo di fedeli.

MADONNA DELLA SALUTE (2)Particolarmente venerata, nella basilica della Salute, è l’icona bizantina della Madonna detta Mesopanditissa (Mediatrice di pace) .
Il ponte votivo unisce le due rive del Canal Grande e avvicina il santuario al centro della città per facilitare il pellegrinaggio.
In quel giorno il traffico dei pellegrini è tanto intenso, sin dalle prime ore del mattino, da obbligare l’uso di sensi unici pedonali
a partire dal ponte dell’Accademia.
La castradina, pietanza molto saporita a base di carne di montone, è il piatto tipico che si usa consumare a Venezia il giorno della Salute.

Tratto dalla pubblicazione di mons. Antonio Niero.

 

 

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Conoscere Venezia

 

 

Conoscere Venezia

Possiamo conoscere, esplorare, carpire i segreti di Venezia ,attraverso uno sguardo diverso dal quello di un normale viaggiatore.
Eco qualche curiosità che fa di Venezia una città ancora più misteriosa e affascinante


venezia bienale 086Il leone alato sopra la porta d’ingresso dell’Arsenale tiene un libro senza la scritta tradizionale  PAX TIBI MARCE (pace a te Marco) inadatto a questo contesto.Fuori ,al cancello, quattro leoni continuano a fare di guardia.Il più grande ha delle iscrizioni runiche su un fianco,e fu portato qui nel 11 ° secolo dai mercenari.Uno dei  leoni  viene dall’isola greca Delos. Gli altri sono stati saccheggiati da Atene nel 1687.

Il capolavoro “Paradiso” di Tintoretto nel Palazzo Ducale è il più grande dipinto ad olio nel mondo.

 

La prima descrizione degli occhiali nacque a Venezia, nel 1284, e si tratta del Capitolare, cioè dello statuto dell’arte dei Cristalleri, in cui si definiva testualmente che gli “oglarios” dovevano essere fatti di buon cristallo e non di vetro.

La strada più stretta di Venezia si chiama Calletta Varisco che si trova su una laterale nelle vicinanze di Campo San Canciano: ha una larghezza di solo 53 centimetri!

Nel 1897-viene approvato un regolamento sanitario che pone delle regole per le costruzioni e la loro manutenzione, viene imposto l’obbligo di costruire canali, di canalizzare le acque di scarico.
SCHEOI soldi a Venezia si chiamano “schei“, tale termine deriva da una moneta usata al tempo della dominazione asburgica a Venezia con su incisa la scritta “Scheidenmunze” cioè moneta divisionale. I veneziani ne abbreviarono il nome per comodità .Sopravvissuto nel epoca contemporanea il termine indica anche: qualcosa di piccole dimensioni ,picolo come un scheo,(piccolo come un soldino) o una breve lunghezza, (spostelo de vinti schei) “spostalo di 20 cm” e si usa il gergale (esar sensa schei) per l’ “essere senza soldi”
Altro sinonimo di soldi a Venezia prima dell’euro era “Franchi”, retaggio dell’epoca napoleonica.

La circolazione via acquea a Venezia viene regolamentata come in terraferma con un’apposita segnaletica (senso unico, divieto di accesso, ecc.)

Il cognome più diffuso a Venezia e a Pellestrina è Vianello (che deriva dal latino Vivianus,”vivo, animato, vivace”.). Segue il cognome Scarpa . Il cognome caratteristico di Burano è Dei Rossi, quello di Murano è Toso, mentre quelli più comuni a Chioggia-Sottomarina sono Boscolo e Tiozzo. I diminutivi più diffusi a Venezia risultano Bepi (Giuseppe), Tony (Antonio) e Nane (Giovanni). I nomi tipici di Venezia sono Marco, Alvise, Niccolò e Jacopo.

Nel 1300 le leggi di Venezia prevedevano la tutela del lavoratore minorile ,la separazione di interessi tra medici e farmacisti persino un istituzione di servizio sanitario pubblico,e una serie di norme all’avanguardia nella giustizia e l’istituzione pubblica.

Le piazze a Venezia si chiamano Campi, infatti anticamente erano adibiti a orti. I campi di fronte alle chiese venivano spesso usati come camposanti.

I personaggi di Lancillotto Gobbo e suo padre, vecchio Gobbo , in William Shakespeare Il mercante di Venezia potrebbe essere stato ispirato dal simbolo tradizionale del Rialto ovvero il Gobbo di Rialto.

La maggior parte dei “leoni” (il simbolo alato di Venezia) fu distrutta dalle truppe Napoleoniche nel 1797, quelli che vediamo attualmente sono quasi tutti delle copie fedeli degli originali.

La parola “ciao” ha origini veneziane. Nei tempi antichi a Venezia le persone erano abituate a salutare in questo modo: “s-ciavo vostro”,che significa “servo vostro, ai vostri ordini, schiavo vostro”. Così, di volta in volta il saluto divenne prima “s-ciao” e quindi “ciao”.

venezia bienale 080L’organizzazione al interno del cantiere di Arsenale era al avanguardia ,con diversi reparti specialistici controllo di qualità sulle materie prime standardizzazione di molti fasi di produzione e persino la prima catena di montaggio della storia.Questo ciclo di produzione consentiva di costruire fino a 3 navi al giorno ,che garantiva a venezia un vero e proprio primato.

Il nome Ghetto ( la zona  dove gli ebrei  erano obbligati a risiedere) e di origini veneziane e deriva dalle fonderie presenti in località che gettavano o “fondevano” i metalli (dal verbo gettare o”affinare il metallo con la getta”,ovvero con il diossido di piombo ), fabbricando cannoni e rifornendo l’Arsenale.Da Getto a Ghetto , si arrivò,perché i primi ebrei che abitavano qui erano venuti dalla Germania e lo pronunciavano con la “g” gutturale come “ghermania”.

Il Campanile di San Marco misura 98,6 metri di altezza. Sulla sua sommità si erge un angelo dorato, le cui ali girevoli indicano su quale direzione soffia il vento a quella quota. Il 21 agosto 1609 Galileo Galilei mostrò alla Signoria di Venezia, dal campanile di San Marco
il cannocchiale.

L’espressione “Beviamo un’ombra” (ossia un bicchiere di vino), viene dal fatto che questo veniva tenuto all’ombra per essere fresco ( i scantinati erano pochi) e poi consumato in Piazza S. Marco, all’ombra delle tende e del grande campanile. Dalla cella campanaria parte, a mezzogiorno della prima domenica di carnevale,il volo dell’Angelo, dando il via ufficiale alla più grande kermesse della città.

A Venezia si bolla impietosamente la donna fredda ed impettita con il termine “Maria de tola” (asse di legno).Sembra che il termine “Marionetta” derivi da piccoli fantocci per bambini detti “Marie di legno” (o “Marióne” quando più grandi), nomi ispirati alle “Marie de tola” di cui sopra.

 

 

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Il martirio di Bragadin

 

 

Bragadin il martire

Il martirio di Bragadin infocò gli animi e fu tra i motivi che spinsero le flotte cristiane a battersi come leoni fino alla vittoria, a Lepanto, due mesi dopo. Nobil Homo Marco Antonio Bragadin,Governatore di Famagosta (una città sulla costa orientale del Cipro) e Capitano Comandante di una legione di seimila uomini destinata alla difesa di quella città,fu scorticato vivo dai turchi e la sua pelle riempita di paglia e ricucita .
bragadin
Venezia aveva dichiarato guerra ai Turchi, ed il Comandante ed i suoi soldati seppero
resistere ben dieci mesi all’assedio posto al presidio Veneziano da Lala Mustafa
Pascia. Bragadin sa quale sorte sia toccata a Nicosia , (l’antica capitale di Cipro) dopo la resa: 20 mila persone sterminate nei metodi più orrendi,le donne che si gettavano dai tetti pur di non cadere in mano ai vincitori, duemila bambini e ragazze inviati nel mercato
degli schiavi del sesso di Costantinopoli .Era convinto che i rinforzi sarebbero presto arrivati, ma diversi problemi impedirono alla Serenissima di soccorrere le proprie truppe. I soldati erano ormai ,logorati dalla fame e dagli stenti, e sottoposti a continui attacchi
che un pò alla volta distrussero la città.Rimasti ormai meno di cinquecento uomini validi e la popolazione è alla fame il comandante chede la pace Turchi concessero a Bragadin condizioni di resa estremamente vantaggiose descritte e firmate dai due comandanti in una pergamena bollata d’oro il 2 Agosto 1571.In base agli accordi presi “salva la vita e le proprietà di tutti, evacuazione a Candia di chi avesse desiderato e libertà di culto per chi fosse rimasto “sembrava e doveva essere una sfilata dignitosa.

Tre giorni dopo la resa Bragadin seguito da una schiera di Ufficiali e soldati si recò al’Lala Mustafa
accampamento dei Turchi per la consegna delle chiavi della città. , Lala Mustafà finge cortesia per tre giorni, poi con un pretesto fa arrestare tutta la guarnigione cristiana. Il comandante turco è infatti furibondo: ha impiegato oltre 11 mesi per piegare la resistenza,
ha perduto 52 mila uomini, fra cui il suo primogenito: gli Ufficiali vennero decapitati e le teste dei soldati ammucchiate davanti alla tenda del Capo Turco, mentre quelle degli ufficialo vennero affisse ad alte lance infisse nel terreno nell’accampamento.
Poi i turchi si lanciarono a saccheggiare ciò che rimaneva della città.

Per Bragadin medita una fine ancor più agghiacciante: Il Comandante venne tenuto in vita per altri undici giorni,poi il 17 Agosto 1571 Lala Mustafà lo fa pestare e frustare, lo suplizio di bragadincostringe a percorrere due volte il perimetro della città caricato di gerle piene di sassi ed immondizia sulle spalle piagate, facendogli premere dalla soldati la bocca in terra ad ogni passaggio davanti al suo trono. Lo fa quindi appendere per ore ad un pallo nel porto, in maniera che tutti gli schiavi cristiani ai remi ed i prigionieri possano vedere l’orribile sorte del loro comandante.
Lala Mustafà gli intima di abiurare la Croce ed abbracciare l’Islam. Ma Bragadin rifiuta , con la poca forza che gli rimane.Infine venne legato ad un tavolo qui mozzate orecchie e naso, oltre a subire altre mutilazioni, quindi venne squartato e le sue membra vennero lanciate ai soldati turchi, mentre la sua pelle venne riempita di paglia e ricucita, a forma di manichino, e fu fatta girare per le strade sulla groppa di un bue, assieme alle teste di Alvise Martinengo, Gian Antonio Querini e Andrea Bragadin ( suo fratello), quindi issato su una 1260
galera che parti per Costantinopoli.

Soltanto dopo cinquantun giorni le flotta dei veneziani e degli altri Europei riuscì a trovare un accordo per unire le forze e sconfiggere i turchi. Con la furiosa Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 i Cristiani riportarono una grande vittoria.

bragadinAnni dopo mercanti veneziani con la complicità di uno schiavo cristiano riusciranno a trafugarla.La pelle del Comandante fece ritorno a Venezia nel 1576.
In un primo tempo venne portata nella Chiesa di San Gregorio, ma il 18 maggio 1596 gli venne dedicato un monumento dentro cui fu tumulata l’urna contenente quello che restava dell’eroico Governatore

E solo una delle persone che con il loro “martirio” orrori terribili, supplizi inumani hanno contribuito nei secoli a fare di Venezia “la Grande Serenissima” che attraverso la storia tutti conoscono!

Oggi è la pelle e conservata nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, (considerata il Pantheon dei Dogi veneziani), e venerata come una reliquia, sebbene la Chiesa non abbia mai elevato il martire Bragadin alla gloria degli altri.

 

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Gli oracoli di Venezia

 

 

 

 

 

Gli “Oracoli” di Venezia.

Come gli arguti di Roma ,anche a Venezia esistevano delle statue “oracoli”.Una delle cronache e la seguente:

 

Antonio Rioba- campo dei mori

Antonio Rioba- campo dei mori

(La cronachetta de Sior Antonio Rioba.
So già che qualcuno ha parlato male di me , ma io no ho niente da nascondere. Si! e vero!, insieme con Maroco e con il gobbo, abbiamo detto de cote e de crude su tutto quello che passava per Venezia, senza riguardo a nessuno.Anche perché, diciamola tuta: non e vero che a chiacchierare piace solo che a le donne.)

A Roma esisteva un tempo la commedia degli arguti, una serie di sei statue a cui i burloni appendevano bigliettini e foglietti satirici.
A Venezia esistevano questi “Oracoli” che scrivevano poemetti satirici. A Venezia oltre che Antonio Rioba esistevano altre due statue del genere: Maroco de le pipone (Marocco dei Meloni) un venditore di meloni (questa statua è in Piazzetta San Marco), e al Gobo de Rialto,a San Giacometto, sul quale piedistallo i banditori leggevano le sentenze capitali.

In quanto per legge nel Veneto era proibito fare satira esagerata, molti buontemponi scrivevano poemetti e storielle contro la nobiltà (che era l’unica a detenere il potere) e affiggevano i propri foglietti firmandosi coi nomi delle statue, nei pressi delle stesse. I fidi amici che abitavano vicino avrebbero riscosso i foglietti e avrebbero provveduto a diffondere le storielle. In molti poi scrivevano vera e propria posta alle tre statue e ricevevano anche le risposte.

Venezi34 - Copia (2)Le statue, visibili dal campo dei Mori, a rappresentare gli altrettanti famosi tre fratelli Rioba, Sandi ed Afani. L’unico ad avere inciso il proprio nome ( nel bagaglio che porta sulle spalle) è Rioba, la cui testa risulta essere stata staccata dal busto, forse in conseguenza del crollo a seguito del bombardamento, e che cadendo si distrusse il naso (che si può infatti ammirare integro in alcune fotografie di fine ottocento) al posto del quale venne posto un grottesco nasone in ferro, che ne deturpa ignobilmente il viso. (Una leggenda dice che sfregandolo si avrebbe avuto fortuna.)

Maròco de le pipone (Marocco del melone)

Marocco de le Pipone“Maròco de le pipone” ha a che fare, con la vendita di meloni, quindi probabilmente di mestiere egli fa il fruttaiolo  e dunque passa le giornate dietro una cesta dove tiene esposta la merce.Questa statua, al pari di quelle di Pasquino e Morforio in Roma sculture veneto-bizantine e una di quelle piccole figure poste ai gradini delle colonne ornate  della Piazzetta di S. Marco, la quale tiene una cesta di poponi.

Per vedere “el gobo de Rialto ” bisogna recarsi in campo San Giacomo de Rialto, nel Venezia Gobbo de Rialtopieno del mercato di Rialto, che si raggiunge dal ponte de Rialto percorrendo un breve tratto della ruga dei Oresi. Il tronco di colonna della stessa qualità di granito rosso della pietra del bando di piazza San Marco proveniente dalla città di Acri quale bottino di guerra dopo la vittoria sui genovesi e fiancheggiata da una scaletta in pietra d’Istria, sotto la quale si trova una figura maschile ricurva per il peso che la sovrasta,chiamata il Gobbo di Rialto, scultura di Pietro da Salò (anno 1541)

Durante il Medio Evo invece, il gobbo segnava la fine del percorso a cui erano costretti i ladri che camminavano nudi da San Marco a Rialto mentre due ali di folla li frustava e insultava. Generalmente arrivati esausti al gobbo lo abbracciavano e baciavano come fosse il loro salvatore.

Sior Antonio Rioba, così chiamato dal popolo, fu per lungo tempo il “Pasquino di Venezia”, in nome del quale si diffondevano aspre rampogne e pungenti motteggi. Un personaggio fantasioso di nome Marocco,  si intreccia con quello de ” el gobo” de Rialto e indirettamente con quello de Sior Antonio Rioba e  ” i so do “(o tre) fratelli , visto che in tempi ormai andati questi formavano una terribile terna di gran chiacchieroni, che facevano a gara con Pasquino e Morforio di Roma, nel dileggiare e farsi beffe di qualunque persona, mediante bigliettini che venivano appuntati nottetempo sui loro basamenti.

 

(La Storia di Venezia nella vita privata, TRIESTE, 1973, vol. II, pag. 258) così descrive:

“Libelli e caricature anonime, si affiggevano inoltre a quella pietra, donde si pubblicavano le leggi, e che è sorretta da una statua  incurvata, detta il Gobbo di Rialto, il quale fu per qualche aspetto il Pasquino veneziano. Tra la statua di Roma e quella di Venezia corse una specie  di corrispondenza satirica, e dietro il nome del Gobbo si nascosero molti scrittori di pasquinate contro le persone, i costumi, il clero e perfino lo Stato. ”

 

 

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VENEZIA Campo dei Mori

 

 

 

Campo dei Mori

Volgarmente appellati Mori i tre fratelli commercianti greci hanno una bella storia:

 

Antonio Rioba campo dei mori

Antonio Rioba campo dei mori

Lavoravo con i due fratelli prima ,scampai da la Morea e poi arrivai a Venezia per trovare un po di pace e trattare con i commerci in pace. Qua intorno c’era tutto di loro, compresa la Ca’ Masteli, che da sempre ha l’entrata da terra proprio in campo ,ce solo un piccolo problemino, i tre fratelli sono in campo e si vedono uno ;e l’altro, ma non se ha mai capito chi e quello in fondamenta: e un cugino? O e uno che avanza soldi.
Venice Statue of one of the Mori
La tradizione dice che i tre fratelli Rioba, Sandi ed Afani,: avari e disonesti commercianti che possedevano ovviamente molti “mastelli” (catini) pieni di soldi adottarono il cognome Mastelli.
Venuti dalla Morea (toponimo veneziano per indicare il Peloponneso), e perciò volgarmente erano appellati Mori ; le statue sono le immagini dei medesimi(fine del XIII sec.) Secondo una tradizione tra gli affari praticati c’era anche la gestione di una banca, attraverso la quale fu truffata una signora veneziana molto religiosa che pregò Santa Maria Maddalena di scagliare la sua maledizione sui tre mercanti. Quindi la donna diede i soldi ai tre fratelli e per miracoloso prodigio i Mastelli divennero tre statue di pietra, che furono messe in una nicchia di Campo dei Mori a monito per quanti li vedevano.

Per quanto riguarda le statue, quelle visibili dal campo sono effettivamente tre, a rappresentare gli altrettanti famosi fratelli, anche se, in verità, in fondamenta dei Mori ne è collocata una quarta, posta subito dopo lo splendido “sotoportego del porton dei mori” e poco prima della casa dove visse il celebre Tintoretto. ( Nell’adiacente fondamenta dei Mori si trova la casa del pittore Tintoretto.)
vandalismo-venezia

Nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2010 Sior Rioba viene decapitato ,da un vandalo;
la testa viene ritrovata in Calle della Racchetta il 3 maggio e la statua venne restaurata.



La casa dei Mori, nell’ultima grande guerra, colpita da una bomba di un aeroplano austriaco, rimase mezzo diroccata, seppellendo sotto le sue rovine alcune persone. Fu malamente rifatta, ma le tre statue furono rimesse al loro posto”

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Venezia- casa del cammello

 

 

 

La casa del cammello

 

 

palazzo del cammelloDetto comunemente dai veneziani la casa del cammello  -se lo si osserva dalla fondamenta Gasparo Contarini ,Palazzo Mastelli o del cammello “Nella storia di Venezia viene descritto cosi: “La casa nel campo dei Mori termina con un palazzo archiacuto, che ha la facciata sul rivo, ornata di sculture,tra le quali una che rappresenta un uomo, in costume orientale, che guida un cammello, onde il palazzo si chiama del cammello  (Curiosità Veneziane, VENEZIA, 1886).

cammelloLa leggenda narra che un ricco mercante orientale, dovendo lasciare la terra nativa per spostarsi a Venezia, salutasse così la fanciulla che non aveva voluto accettare la sua proposta di sposarlo: “io dunque parto con il cuore straziato e cercherò di dimenticarti, ma, se un giorno alla fine vorrai raggiungermi a Venezia, ti sarà sufficiente chiedere dove si trova la casa del cammello”. Tutti gli scrittori credettero fin qui che questi
fossero gli avanzi dell’antico fondaco dei Mori, o Saraceni, ma è certo in che i fabbricati vennero innalzati dalla famiglia Mastelli intorno ai primi del 1100. In realtà sono stati i tre fratelli Rioba, Sandi ed Afani (Mercanti di origini greche)  a costruire il palazzo. Questi venivano dalla Morea, e perciò volgarmente erano appellati Mori .
Palazzo Mastelli è anche legato a un’altra leggenda più recente. Si racconta che nel 1757 fosse infestato da fantasmi burloni che ogni giorno alla stessa ora facevano suonare contemporaneamente tutti i campanelli della casa.”Per circa due mesi, sempre alla stessa ora, i campanelli interni alle stanze iniziavano a suonare all’impazzita, e poi, improvvisamente così come avevano iniziato, si quietavano.” Le cronache ci dicono anche che lungo le scale del palazzo si udivano dei passi d’uomo, si vedevano ombre  agli specchi,le finestre chiuse si aprivano da sole, senza che nessuno fosse presente nel luogo in cui i fenomeni si manifestavano.Mano a mano che il tempo passava, i fenomeni si intensificavano, sia in numero che in modalità, avendo sempre come costante quella del suono simultaneo dei campanelli. Giuseppe Tassini, nel suo Curiosità veneziane, scrive : “s’udirono per più sere consecutive suonare nell’ora medesima tutte le cinque campanelle interne delle stanze”. “Ne derivarono molta paura, svenimenti di donne, cavate di sangue…”.

Il fatto aveva così spazientito e spaventato i proprietari che venne chiamato addirittura il Cappellano di San Fantin per fare un esorcismo. L’operazione ebbe successo, a quanto pare, visto che da quel momento i fantasmi non si fecero più sentire!

 

 

 

 

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