Gli oracoli di Venezia

 

 

 

 

 

Gli “Oracoli” di Venezia.

Come gli arguti di Roma ,anche a Venezia esistevano delle statue “oracoli”.Una delle cronache e la seguente:

 

Antonio Rioba- campo dei mori

Antonio Rioba- campo dei mori

(La cronachetta de Sior Antonio Rioba.
So già che qualcuno ha parlato male di me , ma io no ho niente da nascondere. Si! e vero!, insieme con Maroco e con il gobbo, abbiamo detto de cote e de crude su tutto quello che passava per Venezia, senza riguardo a nessuno.Anche perché, diciamola tuta: non e vero che a chiacchierare piace solo che a le donne.)

A Roma esisteva un tempo la commedia degli arguti, una serie di sei statue a cui i burloni appendevano bigliettini e foglietti satirici.
A Venezia esistevano questi “Oracoli” che scrivevano poemetti satirici. A Venezia oltre che Antonio Rioba esistevano altre due statue del genere: Maroco de le pipone (Marocco dei Meloni) un venditore di meloni (questa statua è in Piazzetta San Marco), e al Gobo de Rialto,a San Giacometto, sul quale piedistallo i banditori leggevano le sentenze capitali.

In quanto per legge nel Veneto era proibito fare satira esagerata, molti buontemponi scrivevano poemetti e storielle contro la nobiltà (che era l’unica a detenere il potere) e affiggevano i propri foglietti firmandosi coi nomi delle statue, nei pressi delle stesse. I fidi amici che abitavano vicino avrebbero riscosso i foglietti e avrebbero provveduto a diffondere le storielle. In molti poi scrivevano vera e propria posta alle tre statue e ricevevano anche le risposte.

Venezi34 - Copia (2)Le statue, visibili dal campo dei Mori, a rappresentare gli altrettanti famosi tre fratelli Rioba, Sandi ed Afani. L’unico ad avere inciso il proprio nome ( nel bagaglio che porta sulle spalle) è Rioba, la cui testa risulta essere stata staccata dal busto, forse in conseguenza del crollo a seguito del bombardamento, e che cadendo si distrusse il naso (che si può infatti ammirare integro in alcune fotografie di fine ottocento) al posto del quale venne posto un grottesco nasone in ferro, che ne deturpa ignobilmente il viso. (Una leggenda dice che sfregandolo si avrebbe avuto fortuna.)

Maròco de le pipone (Marocco del melone)

Marocco de le Pipone“Maròco de le pipone” ha a che fare, con la vendita di meloni, quindi probabilmente di mestiere egli fa il fruttaiolo  e dunque passa le giornate dietro una cesta dove tiene esposta la merce.Questa statua, al pari di quelle di Pasquino e Morforio in Roma sculture veneto-bizantine e una di quelle piccole figure poste ai gradini delle colonne ornate  della Piazzetta di S. Marco, la quale tiene una cesta di poponi.

Per vedere “el gobo de Rialto ” bisogna recarsi in campo San Giacomo de Rialto, nel Venezia Gobbo de Rialtopieno del mercato di Rialto, che si raggiunge dal ponte de Rialto percorrendo un breve tratto della ruga dei Oresi. Il tronco di colonna della stessa qualità di granito rosso della pietra del bando di piazza San Marco proveniente dalla città di Acri quale bottino di guerra dopo la vittoria sui genovesi e fiancheggiata da una scaletta in pietra d’Istria, sotto la quale si trova una figura maschile ricurva per il peso che la sovrasta,chiamata il Gobbo di Rialto, scultura di Pietro da Salò (anno 1541)

Durante il Medio Evo invece, il gobbo segnava la fine del percorso a cui erano costretti i ladri che camminavano nudi da San Marco a Rialto mentre due ali di folla li frustava e insultava. Generalmente arrivati esausti al gobbo lo abbracciavano e baciavano come fosse il loro salvatore.

Sior Antonio Rioba, così chiamato dal popolo, fu per lungo tempo il “Pasquino di Venezia”, in nome del quale si diffondevano aspre rampogne e pungenti motteggi. Un personaggio fantasioso di nome Marocco,  si intreccia con quello de ” el gobo” de Rialto e indirettamente con quello de Sior Antonio Rioba e  ” i so do “(o tre) fratelli , visto che in tempi ormai andati questi formavano una terribile terna di gran chiacchieroni, che facevano a gara con Pasquino e Morforio di Roma, nel dileggiare e farsi beffe di qualunque persona, mediante bigliettini che venivano appuntati nottetempo sui loro basamenti.

 

(La Storia di Venezia nella vita privata, TRIESTE, 1973, vol. II, pag. 258) così descrive:

“Libelli e caricature anonime, si affiggevano inoltre a quella pietra, donde si pubblicavano le leggi, e che è sorretta da una statua  incurvata, detta il Gobbo di Rialto, il quale fu per qualche aspetto il Pasquino veneziano. Tra la statua di Roma e quella di Venezia corse una specie  di corrispondenza satirica, e dietro il nome del Gobbo si nascosero molti scrittori di pasquinate contro le persone, i costumi, il clero e perfino lo Stato. ”

 

 

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